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Tutto il teatro di O'Neill è la messinscena di una violenza sorda, sotterranea, la cui epifania è solo a tratti esemplificata dai fatti apertamente tragici del racconto. Violenza e desiderio in continua oscillazione, antagonisti, ma in realtà così simili che raramente si possono addebitare a un personaggio singolo. È vero che si alternano e si raccontano dialetticamente, ma si rivelano componenti di una stessa entità, così da doversi dubitare che appartengano ad altri (il Fato, le Furie?), fuori da un dramma individuale. Che è però moltiplicato e riflesso. E mentre è un dramma della stasi in quanto dramma di un'alternanza continua, contiene motivazioni sociologiche e psicologiche, private e collettive (con forti riverberi ideologici, religiosi, etici), non districabili. Se è vero che il dramma è questo, si capisce che l'archetipo del viaggio verso la conoscenza è da leggersi come ansia di ritorno e paura del ritorno, come intuizione di un essere già stato che conferma l'esilio nel desiderio. Ovvero la vita come una specie di morte temporanea. La condizione fissa (il movimento è apparente, il viaggio è nell'oscillazione che riconduce a un punto mediano) è quella della perdita delle illusioni e della loro necessità, della consapevolezza della perdita e del rifiuto di tale consapevolezza "per ereditare il futuro". (Roberto Sanesi)
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I capolavori. Volume secondo, Eugene O´Neill
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- 1990
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- État du livre
- Très bon
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- 13,49 €
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