Quels sont les nouveaux visages du maoïsme? Pour répondre à cette question et décoder le mystère chinois, Federico Rampini, en fin connaisseur d'un pays qu'il parcourt et observe depuis de nombreuses années, multiplie les angles d'observation: historique, géopolitique (le Tibet, la Corée du Nord, le Cambodge), économique. Les nombreux portraits de ceux qui, à tous les échelons de la société, font la Chine d'aujourd'hui, donnent chair à une analyse nuancée et approfondie d'un pays qui compte déjà comme un géant et dont l'évolution, notamment politique, aura des répercussions sur la planète entière.
Federico Rampini Livres
Federico Rampini est un journaliste et écrivain italien dont le travail analyse les scénarios politiques et économiques. Son écriture se caractérise par une vision profonde des relations internationales et des tendances mondiales. Le style de Rampini est direct et pénétrant, permettant aux lecteurs de comprendre les complexités du monde contemporain. En tant que correspondant expérimenté, il apporte des perspectives authentiques de première main.







Kdo žije mezi Číňany, naučí se obdivovat jejich úžasnou vitalitu, rafinovanou kulturu, fantazii i moudrost. Považuje proto za nepřirozené, že mají vůdce, kteří se na své posty dosazují sami. Čínské století nebude úplné, pokud se v srdci Zakázaného města nezrodí demokracie: nepochybně půjde o jednu z největších událostí lidských dějin.
Per capire il mondo e scorgerne le evoluzioni future serve una carta geografica. Questa è la tesi di partenza di "Le linee rosse", ultimo lavoro di Federico Rampini. Il giornalista e inviato di «Repubblica» a New York ha provato a spiegare, interpretare, comprendere i fenomeni d'attualità grazie all'osservazione delle mappe. Le crisi dei profughi nel Mediterraneo, la situazione coreana, la Brexit, l'insediamento di Trump, la rivoluzione digitale, il cambiamento climatico sono tutti fenomeni che ci obbligano a prendere reale coscienza del mondo nella sua fisicità. Ogni linea rossa tracciata e attraversata dai popoli è il punto dove il lavoro di diplomazia o quello di contestazione prende maggiore visibilità e diventa, quindi, il luogo dove iniziare un ragionamento a largo spettro, anche geografico. Rampini in "Linea rossa" ci regala un manuale e un modo di ragionare per comprendere e rispondere alle domande più urgenti del nostro tempo
America. Viaggio alla riscoperta di un Paese
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America «impero del male» o «patria delle libertà»? Una nazione creatrice di miti e valori o un Paese in declino e diviso al suo interno? Come si misura la «vera distanza» tra San Francisco e Miami? Perché è impossibile avere una conversazione in inglese con un tassista di New York? Come si spiegano la tragica sequenza delle sparatorie e nel contempo il record delle start-up, la scarsa disoccupazione giovanile e la migrazione interna dalla California verso la Florida? Capire l’America è una sfida, oggi più che mai: ci fa velo un secolo di stereotipi costruiti da cinema e letteratura, moda e arte, musica e serie televisive. Si aggiunge la rinascita di un antiamericanismo antico e viscerale, che condiziona molti italiani. Bisogna avere radici profonde in questa nazione – pagarci le tasse, averci mandato i figli a scuola, usarne la sanità, aver fatto il giurato in un processo, averci comprato casa e creato una società – per superare la barriera dei luoghi comuni. Le sorprese sono tante quante le Americhe, al plurale, e tutte le loro comunità etniche. Federico Rampini, che in America ha vissuto per quasi un quarto di secolo, firma un ritratto illuminante degli Stati Uniti che enuclea i grandi e i piccoli problemi del Paese. Di ogni differenza abissale con l’Europa indica origini e ragioni, dalla politica all’economia, dalla cultura alla società, dalla quotidianità alla genesi del Dna nazionale. L’autore compie uno slalom fra le contraddizioni, un’operazione di pulizia dai preconcetti, e ci regala una guida di viaggio in senso letterale: perché si può comprendere l’America solo vivendola e guardando dietro le apparenze. Per intuire magari dove andrà a finire.
La seconda guerra fredda. Lo scontro per il nuovo dominio globale
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Primo piano Geostoria 1
Storia, Geografia, Educazione civica
Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo
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"Se torno per qualche giorno in Italia, mi sento subito ingombrante. A 56 anni ho l'età sbagliata? Governi, imprese, esperti descrivono i miei coetanei come un "costo". Guadagniamo troppo, godiamo di tutele anacronistiche, e quando andremo in pensione faremo sballare gli equilibri della previdenza. Per i trentenni e i ventenni, invece, siamo "il tappo". Ci aggrappiamo ai nostri posti, non li facciamo entrare. Non importa se ci sentiamo ancora in forma, siamo già "gerontocrazia".Nessuno trova una soluzione a questa crisi, ma molti sembrano d'accordo nell'individuarne la causa: il problema siamo noi, i baby boomer. Siamo nati nell'ultima Età dell'Oro, quel periodo (1945-1965) che coincise con un boom economico in tutto l'Occidente ed ebbe un effetto collaterale forse perfino più importante: l'esplosione delle nascite. Come se non bastasse, poi, lo straordinario allungamento della speranza di vita ci ha resi una delle generazioni più longeve. E di questa nostra inusitata sopravvivenza si parla quasi come di una sciagura annunciata, un disastro al rallentatore.Ma un evento individualmente così positivo - vivere di più - può trasformarsi in una calamità? No, noi baby boomer siamo un'enorme risorsa anche adesso che diventiamo "pantere grigie". La sfida, di cui s'intravedono i contorni in America, è quella di inventarci una nuova vita e un nuovo ruolo, per i prossimi venti o trent'anni. Di rivoluzioni ne abbiamo già vissute tante. La nostra generazione "larga" va da quelli che hanno fatto il Sessantotto a quelli che finivano l'università quando cadde il Muro di Berlino. Protagonisti della prima società dei consumi e della prima era postindustriale, siamo stati la prima generazione antiautoritaria: individualisti di massa. Mai, fino ad allora, simili sconvolgimenti avevano investito la famiglia, il sesso, la religione. Abbiamo vissuto nel cuore della prima vera globalizzazione e abbracciato tutte le ondate delle innovazioni tecnologiche; siamo stati noi a sposare una musica "generazionale" e a inventare la gioventù come categoria politica. È per questo che ci rifiutiamo di invecchiare.Ed è per questo che ci sentiamo i più adatti a ridefinire anche le fasi successive. È nostra la nuova età adulta che si sta creando un varco, e diventerà un nuovo capitolo della vita di ciascuno. Da spendere sui luoghi di lavoro o nel volontariato, in famiglia o nell'esplorazione di terre lontane: con la possibilità di trasmettere un bagaglio di esperienze.Abbiamo ancora un lungo futuro da scrivere. Anzi: da digitare, magari sulla tastiera di un iPad.I Rolling Stones cantavano "Time is on my side", il tempo è dalla mia parte, quando avevano vent'anni.E cantano ancora.Un antico proverbio afgano dice: "Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo", un motto contro la frenesia occidentale. Qualche capello bianco insegnerà anche a noi a ridurre la velocità e a investire nella saggezza.La prossima puntata sta per iniziare".Federico Rampini



