Laisse-moi partir, mère
- 191pages
- 7 heures de lecture
Analyse : Roman d'autofiction. Roman psychologique (formation).
Cette auteure explore les expériences traumatiques de l'enfance et les relations familiales complexes, notamment dans le contexte de l'Allemagne en temps de guerre. Ses œuvres examinent l'impact de la propagande et de l'idéologie de guerre sur les individus et les familles, souvent à travers son expérience personnelle. Avec précision et une profonde perspicacité psychologique, elle révèle les mécanismes du déni et l'influence persistante d'un passé nazi sur les générations suivantes. Son écriture est souvent sombre, mais aspire à la compréhension et à la réconciliation.






Analyse : Roman d'autofiction. Roman psychologique (formation).
Describes without sentimentality or self-pity the author's own difficult upbringing and the raising of her own child against the background of painful confrontation of the reality of her mother. This book interweaves her family history into the interview with her mother and evokes the dreadful misery of Nazi and immediate post-war Berlin.
Berlino, 1945. Heike, dieci anni, vive con la madre nello scantinato della loro casa distrutta dalle bombe. Il padre è disperso, ma Heike sa che tornerà: non smette di parlarne al suo più grande amico e confidente, il grande melo che cresce nel giardino. Attorno, rovine: rovine di edifici, e rovine nelle menti e nei cuori delle persone. Tante però sembrano voler tener viva la speranza nel futuro... Non la mamma di Heike: nel suo recentissimo passato c'è una ferita inguaribile. La storia personale di una ragazzina si mescola con la storia con la S maiuscola. Alla fine di una guerra non ci sono solo le cose da ricostruire, ma anche le vite e le persone. Dopo "Stelle di cannella" e "L'albero di Goethe", Helga Schneider riapre per il pubblico dei ragazzi le pagine del suo personale passato per raccontarlo, commuovere e far pensare: e stavolta lo fa ritornando al tema del suo primo libro, "II rogo di Berlino", e alla dimensione collettiva della tragedia di cui è stata testimone. Una storia delicata, in punta di piedi di bambina, per raccontare una verità cattiva: nessuno sopravvive alla guerra, neppure i vivi. Età di lettura: da 12 anni.
Eine Kindheit in Zeiten des KriegesHelga Schneider, Autorin von "Laß mich gehen", erinnert sich an ihre tragische Kindheit im zerbombten Berlin. Ihre fanatische Mutter verläßt die Familie - und während in der Stadt der Krieg tobt, spielt sich in Helga eine stillere, aber um so größere Tragödie die eines Kindes, das um die Liebe seiner Mutter betrogen wurde.
Blendendes Weiß. Unendliche Flächen unberührten Schnees – jeden Morgen bietet sich dem neunjährigen Kurt das gleiche verstörende Bild. Dabei sehnt er sich so sehr nach dem Anblick des heimatlichen Gutshofes, dem süßlichen Geruch des Stalls und den vertrauten Geräuschen der Tiere, die sie in jener eiskalten Winternacht zurücklassen mußten. Das Jahr 1945 hat gerade begonnen, als die Familie Linke sich zur Flucht aus Ostpreußen entschließt. Ihr ständiger Begleiter ist die Angst – die Angst, das Pferd könnte lahmen, die Muttermilch für das Brüderchen versiegen, die Angst vor Krankheit, Hunger und dem Erfrieren. Als Kurts Großvater den täglichen Überlebenskampf verliert, muß der Junge die Führung durch die eisigen Weiten übernehmen. Achtundfünfzig Jahre später sieht Kurt seine Jugendfreundin Helga in Hamburg wieder. Gemeinsam mit ihr wagt er den Schritt in die lange verdrängte Vergangenheit.
"Stava lì, l'aguzzina delle SS, capelli biondi e curati, il rossetto sulla bocca dura, l'uniforme impeccabile... Stava lì e pronunciò con sordida cattiveria: «Ho letto sulla tua scheda che eri la puttana di un ebreo. È meglio che ti rassegni: d'ora in poi farai la puttana per cani e porci»." Così racconta l'anziana Frau Kiesel all'ambiziosa scrittrice Sveva, dando voce a un dramma lungamente taciuto: quello delle prigioniere dei lager nazisti selezionate per i bordelli costruiti all'interno stesso dei campi di concentramento, con l'ipocrita e falsa giustificazione di voler limitare l'omosessualità tra i deportati. Donne i cui corpi venivano esposti ai sadici abusi delle SS e dei prigionieri maschi – spesso veri e propri relitti umani – che malgrado tutto preferivano rinunciare a un pezzo di pane per scambiarlo con pochi minuti di sesso. Donne che alla fine della guerra, schiacciate dall'umiliazione e dalla solitudine, invece di denunciare quella tragedia fecero di tutto per nasconderla e seppellirla dentro di sé. In questo nuovo capitolo della memoria storica personale e collettiva, Helga Schneider continua a dare testimonianza di ciò che è accaduto perché non si ripeta mai più, e a rendere un coraggioso omaggio alle donne che in tutti i tempi e in tutti i luoghi subiscono la violenza degli uomini, delle leggi, della Storia.
Autobiografisch getint relaas van de ontmoeting van een vrouw met haar bejaarde moeder die een zeer gemotiveerde bewaakster in Auschwitz was en daarvan nog steeds geen spijt heeft.